Ultime Novità in Tema di Terapia Medica della Disfunzione Erettile – Prof. Francesco Montorsi
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C'è un altro problema: mentre la Francia assiste ogni anno all'esodo verso gli Stati Uniti di decine prezzo migliaia di giovani laureati, accoglie - cosa avendone in cambio? Mia moglie dice giustamente che non sono uno scrittore ma un corrispondente di guerra perché attorno a me ho bisogno di un viagra casino. Non mi ci vedo, non sono adatto. Gli odori anche delle ragazze, gli stessi profumi che per un certo periodo ho ritrovato nei calendari che distribuivano dai barbieri.
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Il mio primo libro fu 'La strage dimenticata', un saggio che volevo far scrivere a Sciascia, al quale consegnai tutto il materiale. Quando Leonardo mi chiese perché gli consegnassi tutti quei documenti e perché invece il saggio non lo scrivessi io, risposi che non potevo scriverlo perché non avrei saputo scriverlo come l'avrebbe scritto lui. Mondo religioso e mondo laico Montalbano si fa di romanzo in romanzo, oltre che sempre più anziano e introspettivo, anche parecchio più a disagio nel mondo che gli gira intorno.
E' un disagio che Andrea Camilleri, per colpa del mondo, non riesce più a contenere o che, adesso che è Camilleri, si sente libero di manifestare? Dicevo le stesse cose anche quando non ero Camilleri, solo che avevo un ristretto pubblico di ascoltatori. Del disagio nel quale tutti viviamo credo sia addirittura inutile parlare. Quando apre il giornale e di mafia non si parla, Cuffaro resta sempre al suo posto Quanto la mette a disagio la chiesa di Ratzinger? Nei suoi romanzi i preti sono sempre scorretti, se la intendono con le parrocchiane, ricattano, intrallazzano L'altro giorno ho letto riguardo le intercettazioni - in Italia ormai, grazie a questo metodo, possiamo sapere tutto di tutti, tant'è vero che a Fassino avrei consigliato di stare zitto Queste cose, il fatto che si violenti una suora o ci si faccia le parrocchiane, sono cose minori della Chiesa, la cosa più seria è l'ingerenza della Chiesa.
Noi siamo veramente un paese a sovranità limitata. Si è visto negli ultimi tempi con gli interventi del cardinale Ruini, ora questo Papa dice che la Chiesa non deve intervenire nei fatti politici, speriamo che sia vero! Chi ci crede lo stia a sentire! L'essenziale è che non ci sia, come è accaduto, un cardinale che non riconosce la costituzionalità delle leggi italiane.
Riguardo al tema della giustizia, ha confessato di avere l'ossessione della 'colonna infame' di Alessandro Manzoni. Successivamente mi è rimasto dentro il nucleo essenziale del romanzo, cioè la giustizia usata come ingiustizia, tema sviluppato poi da Leonardo Sciascia e presente anche nei miei romanzi.
Dovunque dovessi incontrare Pirandello gli darei del 'Voscienza', che in siciliano significa 'Vostra Eccellenza'. E dopo una pausa? Dalla verità ottenuta con la forza, ha detto, esce solo menzogna. Questa cosa si collega con la mafia. Da Sellerio a Mondadori Ma chi era per lei Sciascia: un maestro, un amico, un conoscente?
Un maestro. La prima cerchia era composta dagli amici intimi, quelli che lo chiamavano 'Nanà', poi c'era la seconda cerchia, ristretta, che lo chiamava 'Leonà'. Io appartenevo a questa seconda cerchia. Un ricordo dalla seconda cerchia?
Dolcissime e grandissime litigate perché io ero comunista e lui era un anticomunista sfegatato. Lei è un comunista pubblicato dalla Mondadori di Berlusconi.
L'unica cosa che mi fa arrabbiare è che faccio guadagnare Berlusconi, al rovescio. Un nulla rispetto ai suoi guadagni oceanici, un niente, una goccia, ma quella goccia mi dispiace. Non poteva rimanere solo con Sellerio? E' chiaro che Sellerio è un riferimento, è la casa editrice alla quale sono più legato. L'uomo del 'Continente' Non solo lei usa magistralmente il dialetto, ma sembra non voler passare lo Stretto. Tutto quello che fa e racconta fanno i suoi 'eroi normali' sta in Sicilia.
Ma la Sicilia, come diceva Elio Vittorini, è un continente? Anche Goethe diceva che è un centro per capire. Perché non passa lo Stretto? Perché ci sto benissimo e sono dell'opinione dostoevskiana che se racconto bene il mio villaggio ho raccontato bene il mondo.
Ce lo metterebbe il ponte sulla Stretto? E' un siciliano al cento per cento o c'è qualcosa della sicilianità che non sopporta? La prima cosa che noi siciliani ci ripetiamo dentro, e in dialetto stretto, è: "Ma che 'bole chistu di mia?
Vincere questa diffidenza è un atto di volontà. La seconda e la terza? Ce ne sono tante Il possesso verghiano vale anche con le persone? Di conseguenza le posizioni dei cerchiobottisti mi risultano totalmente incomprensibili. Possesso anche nei confonti di sua moglie, la sua pre-lettrice? Mia moglie è il giudice supremo da quando ho fatto la prima regia.
Allora eravamo fidanzati e ne ho temuto il giudizio. Oggi alle spalle abbiamo quarantotto anni di matrimonio e continuo a temerne il giudizio. Quando sua moglie dice 'questo no' lei lo cancella? Lo cancello. Mi arrabbio come un pazzo ma so che ha ragione lei. Com'è che la definisce sua moglie? Mia moglie dice giustamente che non sono uno scrittore ma un corrispondente di guerra perché attorno a me ho bisogno di un enorme casino. Se non sento il rumore di un'automobile che frena bruscamente, di un'auto che passa rombando o la televisione del vicino accesa a tutto volume o i nipoti che irrompono nella stanza, io non posso scrivere.
Il cinguettio degli uccelli nel chiuso della torre d'avorio mi porterebbe al suicidio nel giro di tre giorni. Il mestiere di nonno Nel è andato in pensione dopo regie radiofoniche, teatrali, 80 televisive. E' stata una brutta botta o l'inizio di una vita nuova? Era un'esperienza conclusa. Stavo facendo il salto dal trampolino verso la narrativa, per cui quando ho detto stop al teatro quell'esperienza era esaurita e irripetibile.
Oggi è padre di tre figli, e nonno di quanti nipoti? Gli ha letto Verne, Salgari o Camilleri semplificato? Come si è comportato? Ho trattato i miei nipoti sempre da pari a pari. L'ultima mia nipote, una bambina di 7 anni, ad esempio, è solita tenere il suo ufficio con il suo computerino, il suo telefonino Con loro ho parlato sempre normalmente.
Casomai sono stati loro a venirmi a chiedere spiegazioni. In quel caso spiegavo la cosa, ma poi ne inventavo altre mille e partivamo per la tangente Li ha portati ai giardinetti?
No, mai! Non mi ci vedo, non sono adatto. Una volta, dopo il telegiornale, intervistarono le mie due nipoti più grandi. Era un incontro con i nonni e ci misero anche me. Mi intervistarono, poi continuarono solo con le bambine. Non sapevo cosa stessero dicendo e avevo un batticuore terribile, ma sentii dalla più piccola una delle dichiarazioni più belle che potessi ascoltare: "Abito sullo stesso pianerottolo del nonno e mi piacerebbe abitare lontano E' una considerazione bellissima!
In caso contrario saremo - come già cominciamo ad essere - sommersi da altri popoli più vivaci, più giovani e meno angelici, grazie alla, complicità di una borghesia delinquenziale che sarà anch'essa, qualunque cosa faccia, travolta dall'onda di marea che ha incautamente provocato. Osiamo pensare l'impensabile. Osiamo proseguire ed esplorare le piste aperte da un visionario mattiniero, un certo Friedrich Nietzsche.
Dalla Resistenza alla Rivoluzione, dalla Rivoluzione alla Rinascita. La risposta è molto semplice. No, non sono stato assoldato dalla CIA, e neppure sono impazzito per la puntura di una zanzara che cantava il rock'n'roll. In primo luogo alcuni progetti professionali mi impedivano di animare come militante le attività del GRECE, in secondo luogo rilevavo che il tono e l'orientamento generale del movimento, perdevano dinamismo diventando una parrocchietta, una specie di sodalizio.
In terzo luogo, infine, la Nouvelle droite seguiva percorsi ideologici che mi trovavano in crescente disaccordo e rischiavano di marginalizzarla, nonostante la qualità - sempre verificabile - delle personalità impegnate, senza che io potessi modificare questo orientamento.
Dodici anni dopo la mia diagnosi è stata confermata: l'influenza della Nouvelle droite è declinata. La diagnosi: una considerevole perdita di influenza Un tempo ogni numero della rivista Eléments apriva un fuoco di sbarramento ideologico che provocava recensioni scandalizzate sulla grande stampa, oggi essa è diventata quasi confidenziale, ignorata dal grande pubblico colto e dai decisori. Anche i "Colloques parisiens" non sono più mediatizzati come avveniva negli anni ottanta, benché il numero dei partecipanti sia rimasto pressoché costante, e rischiano di apparire gli incontri nostalgici di una associazione di ex combattenti.
Peraltro dubito che il GRECE possa, come una volta, organizzare ogni settimana nelle grandi città di Francia e del Belgio, conferenze e seminari che gremiscono le sale. Ma questa visibilità mediatica fu breve e insufficiente, sostanzialmente poco notata dal grande pubblico, contrariamente alle accese polemiche che suscitavamo su temi centrali, fino alla metà degli anni ottanta e che venivano riprese dovunque, dagli Stati Uniti all'URSS.
Oggi anche i testi più interessanti della Nouvelle droite sono diffusi solo nell'ambiente ristretto di chi è già convinto, mentre le ovvietà, le banalità virtuose e verbose, le elucubrazioni benpensanti dei Ferry, Serres e Conte-Sponville o i cretinismi di un Bordieu, le melanconie senza talento di un BernardHenri Levy - mediocri intellettuali mediatizzati e sponsorizzati dal soft-totalitarismo diffuso - si esibiscono con l'insolente sufficienza degli imbecilli.
Ma aver perso una battaglia non significa necessariamente aver perso la guerra. In breve la Nouvelle droite è stata relegata alla periferia del dibattito, diventando purtroppo un ghetto ideologico. Non pensa più se stessa come una centrale di diffusione di energie che ha l'obiettivo di acquisire un potere, ma come un'impresa editoriale che organizza conferenze, dalle ambizioni limitate. Questa marginalizzazione ha con evidenza cause esogene dovute all'ambiente ostile o indifferente e endogene dovute al movimento stesso , queste ultime sono state determinanti.
L'ambizione si nutre di modestia. Chi non si critica non progredisce. Chi accusa gli altri, i nemici, il clima politico, per i propri fallimenti, non merita di vincere. Perché è nella logica delle cose che il nemico ci opprima e che le circostanze siano ostili. L'errore consiste nell'esorcizzare la realtà, ricorrendo alla morale dell'intenzione e non a quella delle conseguenze, con argomentazioni placebo.
Le formule rassicuranti e consolatorie servono solo a nascondere la realtà. Bisogna accettare in pieno, senza sterili polemiche, l'autocritica positiva. Dobbiamo chiederci perché la Nouvelle droite, ricca di un impressionante arsenale ideologico, è obiettivamente scomparsa. Si tratta di un tramonto definitivo o di un semplice giro a vuoto che prelude a un rilancio? La prima è che nessuno, in quella che si potrebbe vagamente definire in Europa "destra ideologica" è ancora riuscito a riacquistare l'influenza intellettuale che ebbe la Nouvelle droite a cavallo degli anni settanta e ottanta.
Il solo candidato alla successione è il movimento di pensiero paneuropeo "Synergies" animato tra gli altri da Robert Steuckers, che mi sembra sulla buona strada perché si pone obiettivi ambiziosi. Seconda osservazione: nel la sola influenza veramente tangibile della Nouvelle droite sulla publica societas è quella esercitata dai transfughi della sua area in seno al Front national dove hanno orientato il discorso in senso anti-americano, il che rappresenta per questo ambiente una vera rivoluzione mentale.
Quindi complessivamente l'impatto ideologico concreto della Nouvelle droite è stato magro. A partire dal avvertivo che non c'era più la passione, e che lo spirito di parrocchia e il romanticismo letterario pagano prevalevano sulla volontà storica. Presagivo che lo scopo principale non era più la scuola di pensiero, l'influenza ideologica concreta, l'elaborazione di un pensiero radicale di rottura sotto forma di "idee-shock", ma un certo intellettualismo elegante e l'arroccamento di una "comunità", realtà nobile se si basa su una forza organizzata, ma smobilitatrice se si riassume nella tautologia di una parrocchietta.
Bisogna analizzare le cause di questo declino, molto più rapido e folgorante - neanche dieci anni - di quello della vecchia Action française Come e perché il principale movimento ideologico alternativo europeo del dopoguerra è stato solo una cometa? Quali lezioni trarne? Che fare oggi? Ci saranno certamente un seguito, delle ricadute, delle riletture.
Forse una rivoluzione nel ? Ma ora limitiamoci a parlare del presente, prima di passare alle soluzioni per una rifondazione. La Nouvelle droite avrebbe potuto trasformare gli ostacoli in opportunità, modificando la sua strategia di comunicazione in funzione del nuovo ambiente.
Non l'ha fatto - noi non l'abbiamo fatto. Non abbiamo visto arrivare la bufera. A mio avviso le cause principali dell'arretramento sono: 1 - L'emergenza competitiva del Front national e del pensiero di Antonio Gramsci, mal compresa dalla Nouvelle droite. A questo si aggiunga una contraddizione tra riferimenti imperiali-europei impliciti e un discorso esplicito "etnopluralista" o addirittura immigrazionista. Prendiamo in esame alcuni di questi punti. Ma esistono molteplici "camere di compensazione" nella famiglia delle destra.
Il pubblico ideologicamente poco raffinato va sempre verso il polo più forte. Agli inizi degli anni ottanta il GRECE era la prima organizzazione dell'area, il Front national veniva considerato allora un micro-gruppo di buoni a nulla, che giudicavamo bigotti, papisti, reazionari, americanolatri, patriottardi e anti-europei.
A Le Pen, soldataccio neo-boulangista dalla testa di pirata che creava disordine, era proibito partecipare ai colloqui. Poi, sorpresa della Storia, tutto è cambiato, il Front ha conosciuto una irresistibile ascesa, il GRECE non era più il polo di attrazione che monopolizzava l'area. Come un rubinetto che perde, militanti di base e dirigenti, anche al costo è umano di revisioni ideologiche, si mossero là dove qualcosa accadeva: il Front National, Bardet, Blot, Le Gallou, Martinez, Mégret, Millau, Vial e una ventina d'altri, tutti uomini di qualità, strettamente coinvolti nel GRECE o che vi gravitavano intorno, apportarono le loro competenze al Front National.
Se non fosse apparso è probabile che un importante "materiale umano" sarebbe rimasto nell'orbita della Nouvelle droite. Fuga di cervelli Un altro motivo per cui il Front ha provocato il declino del GRECE è stato l'effetto mediatico, fenomeno ben conosciuto dai pubblicitari. I media, affascinati dalla scandalosa scorrettezza politica del Front. National e del suo Presidente, dimenticarono rapidamente la Nouvelle droite che produceva testi e manifestazioni meno attraenti e provocanti.
Dalla fine degli anni ottanta il Front ha fatto da schermo mediatico alla Nouvelle droite che, come vedremo, non ha saputo reagire e accendere dei controfuochi. La nostra strategia metapolitica "gramsciana" aveva semplicemente dimenticato che la battaglia culturale raccomandata da Gramsci si articolava con quella politica e economica del Partito comunista italiano e non agiva " nel vuoto".
Ma la ragione era che non avevamo mai letto Gramsci Si trattava di una sbruffonata, di uno pseudo-gramscismo. Per essere efficace un'azione ideologico-culturale deve appoggiarsi su forze concrete politiche di cui e il prolungamento complementare. Nella concezione fondatrice della Nouvelle droite degli anni settanta, abbiamo semplicemente sottovalutato il politico. Sopravvalutando il polo culturale e intellettuale, attraverso un'analisi distorta delle opere di Augustin Cochin e che si ispirava ai circoli culturali precedenti la Rivoluzione francese, seppellimmo troppo rapidamente quella che invece era ed è la logica politica vincente, senza cogliere l'articolazione contemporanea "propaganda intellettual-culturale mobilitazione elettorale e politica".
Avevamo dimenticato che non vivevamo più nel XVIII secolo, consultazioni elettorali le più diverse si svolgono ogni sei mesi e i politici sono gli araldi mediatici di un sistema di partiti. Il "tutto culturale" funzionava nei regimi non elettivi del passato Avevamo proclamato troppo in fretta la morte della politica. A riprova: la mediatizzazione dell'associazione di Pierre Vial, Terre et Peuple, movimento culturale e intellettuale coordinato all'attività di un partito, il Front National, preoccupa Libération molto più dei circoli amicali di Madelin o di Juppé.
Questo perché in un movimento di pensiero che raccoglie attenzione, i problemi provocatori vengono posti insieme a una minaccia politica. La Nouvelle droite si è quindi trovata sempre più in una situazione precaria, privata di ogni retroterra politico e separata dal suo pubblico naturale che, in maggioranza, si riconosceva affettivamente nella sensibilità Front National.
Il "pubblico Nouvelle droite" fu disorientato dalle nostre posizioni terzo-mondiste e filoislamiche, ideologicamente incomprensibili, che sembravano l'espressione di un "pensiero borghese" indifferente ai problemi dell'immigrazione, e addirittura la prova di un flirt con la sinistra non giacobina.
Da quel momento, senza poter mordere su un nuovo pubblico, essa venne progressivamente fagocitata dal Front, la qualità culturale delle sue pubblicazioni non poteva compensare le derive ideologiche.
È vero, come vedremo, che la crescente ostilità del mondo mediatico rendeva sempre più difficile la diffusione delle idee della Nouvelle droite. Al pari di Ruyer e Freud ma non di Débord, para-marxista recuperato , Alain de Benoist ha visto l'influenza dei suoi lavori confinata dal sistema in ambiti limitati. La Nouvelle droite non è stata capace di fare lo stesso, restando ancorata a una visione ormai obsoleta del meccanismo di diffusione delle idee. Tuttavia l'emergere nella popolazione europea di una consistente frazione destabilizzata dalla "crisi" e in rivolta contro i risultati concreti del sistema, avrebbe procurato un vivaio alternativo alla Nouvelle droite.
Giunta al potere la generazione del '68 che allora urlava "vietato vietare", si è distinta per il suo conformismo, il suo gusto del divieto e l'esigenza di un ordine ideologico. Demonizzazione e black-out. La Nouvelle droite è stata certamente vittima di questa censura alla quale peraltro il GRECE ha dedicato un colloquio. Io temo che questo venga addotto come un pretesto che serve a giustificare una mancanza di volontà e di assunzione di rischi. La censura è stimolante, ogni oppressione rappresenta una sfida: bisogna risollevarsi e raccoglierla, non lamentarsi: forse che la Nouvelle droite è stata minacciata di interdizione?
Di persecuzioni e violenze? In realtà non è stata capace di gestire e volgere a suo vantaggio questo clima di "pensiero unico" la paternità di questo concetto pertinente spetta d'altronde a Alain de Benoist e la sua mediatizzazione a Jean-François Kahn che è paradossalmente un lacchè del politicamente corretto e del pensiero unico.
D'altronde nella fase del suo apogeo, a partire dal , la Nouvelle droite fu oggetto di numerose aggressioni mediatiche e fisiche molto pesanti, ma proprio questo clima di battaglia le aveva dato la carica suscitando reazioni creative. In realtà non bisogna cercare cattive scusanti, esagerando la perfidia e 1'efficacia della censura. Il silenzio dei media si spiega anche con l'indifferenza verso la Nouvelle droite, un movimento che non sorprende, non sciocca, non provoca, non inventa più nulla, malgrado l'evidente qualità dei suoi testi.
Le aggressioni sono un'occasione, mediatizzano e permettono al pensiero di affilarsi e di rispondere. Con abilità, ma con coraggio bisogna creare lo scandalo per farsi ascoltare e soprattutto evitare l'imborghesimento del pensiero. Manca il dinamismo, contiene troppi argomenti letterari e intellettuali inadatti allo scopo, pochi temi sociali, articoli lunghi e compassati, a volte ripetitivi, una iconografia insufficiente con cattive didascalie, tutti difetti che ne riducono la seduzione mediatica.
L'impaginazione, soprattutto quella nuova, esteticamente inappuntabile, è troppo austera e poco si presta ad un magazine ambizioso. Tuttavia il talento c'è, sottotraccia. Si affiancano stranamente infortuni editoriali e inchieste pregevoli, ma in numero insufficiente, come quelle sulla nocività delle automobili e l'impasse del "progresso" n. Un altro errore è la dispersione editoriale. Fin dagli anni ottanta avevo avvertito questo difetto.
Non bisogna moltiplicare le pubblicazioni, ma concentrare le forze. Charles Champetier mi ha fatto scoprire una piccola rivista, Cartouches, ricca di inventiva, dinamica, stimolante.
Si, ma Un qualunque professionista della comunicazione direbbe che la logica di questa rivista dovrebbe essere inglobata e fusa con da Eléments. Testi brevi, informazioni shock, tono non compassato, ecc. Anche Krisis, considerata una rivista "presentabile" - ma perché? Non bisogna mai sottovalutare le proprie capacità, il talento prevale sempre sulla censura, quando c'è anche il sale del coraggio e dell'intelligenza.
Gli errori ideologici L'ambigua linea ideologica della Nouvelle droite, accentuata durante gli anni ottanta, costituisce la causa principale del suo cedimento. Facciamo ora una diagnosi di questi errori. Il duplice discorso di numerosi articoli, delle riviste e dei libri oscillava tra riferimenti obliqui a temi, autori o iconografie classiche dell'ultradestra - in particolare germanica - e filippiche antirazziste, filo-islamiche, pseudo-gosciste o terzomondiste che non traevano in inganno l'avversario, ma riuscivano a disorientare il nostro pubblico.
Non ho problemi a sottolineare questi difetti di cui sono stato anch'io responsabile, prima di rendermi conto della loro nocività. Oggi la Nouvelle droite non li ha corretti, ma semmai aggravati. Partendo da una giusta constatazione di natura nietzschiana - la nocività egualitaria, omogeneizzante ed etnomasochista dell'evangelismo cristiano - la Nouvelle droite ha costruito un corpus neo-pagano marchiato da numerosi handicap. Paradossalmente questo neo-paganesimo partiva da un inconscio punto di vista cristiano: opporre a un dogma una contro-dottrina.
La Nouvelle droite si è presentata come una "Chiesa pagana", per di più senza divinità. Secondo handicap: un anti-cattolicesimo virulento laddove sarebbe convenuta l'indifferenza che sfiorava talvolta l'anticlericalismo, unito ad un'aperta simpatia verso l'Islam, atteggiamento rischioso quando esiste una reale minaccia islamica che grava sull'Europa, e posizione ideologicamente tanto più assurda in quanto l'Islam è un monoteismo teocratico rigido, una "religione del deserto" allo stato grezzo, molto più di quanto non lo sia 1'enoteismo cattolico classico, fortemente incrociato con il politeismo pagano.
Inoltre l'essenza della posizione pagana non è quella di definirsi "contro", ma "dopo" o "a fianco", il che mi sembra molto più creativo e innovatore. Anch'io ho assunto questo atteggiamento sbagliato che purtroppo la Nouvelle droite non ha corretto. Terzo handicap: questo paganesimo era, e sembra essere ancora, connotato da un folklorismo che non trova spazio nella cultura concreta degli europei diversamente da quanto accade negli Stati Uniti!
Risultato: un pubblico potenziale non si e mai orientato verso la Nouvelle droite, un altro l'ha fuggita. In primo luogo perché molte persone non capivano questa preferenza assegnata al paganesimo, un privilegio ideologico, che faceva aggio su questioni molto più importanti, di carattere concreto e politico, come la distruzione dell'etnosfera europea, o il masochismo anti-natalità dei governi. Un'altra conseguenza: la valorizzazione del paganesimo come immagine di marca ha provocato, soprattutto in Francia, un effetto mediatico di repulsione.
Richiamarsi esplicitamente al paganesimo "fa un po' setta" come mi disse un giorno una grande attrice francese, che peraltro in privato era vicina alle idee della Nouvelle droite, ma restia, come molti altri, a mescolare l'ideologia politica con il para-religioso.
Quanto agli attacchi contro la Chiesa cattolica essi sarebbero stati e sarebbero più mirati se rivolti contro il para-trotzkismo, l'immigrazionismo e l'auto-etnofobia dell'alto clero, fautore del ritorno alle fonti monoteistiche evangeliche dure, quelle del "bolscevismo dell'Antichità". Un alto clero masochista e stupido che incoraggia in modo compunto la costruzione di moschee sul suolo europeo.
Due libri mi hanno segnato per sempre. Presso il santuario di Apollo, al sorgere del sole, adepti di Grecia e di Borgogna, di Toscana e di Baviera, di Bretagna e di Wallonia, delle Fiandre e di Catalogna hanno giurato di mantenere in vita l'anima pagana. Molto bene, ma tutti questi atti pagani devono restare nell'ordine della mobilitazione interna. L'anima pagana è una forza interiore che deve permeare ogni espressione ideologica e culturale.
È come il cuore di un reattore nucleare, non viene manifestato in modo esplicito sotto forma di slogan strumentali. Non si va dicendo in giro «io sono pagano». Lo si è. La strumentalizzazione del paganesimo è stato un gigantesco errore di comunicazione e di propaganda, che ha allontanato dalla Nouvelle droite molti ambienti cattolici che la guardavano con favore, condividevano le sue idee, ma erano affettivamente legati alla tradizioni del campanile.
Fin dall'inizio abbiamo commesso questo grave sbaglio che attende ancora di essere corretto. L'anima della cultura artistica europea non sono i piccoli oggettini piramidali in terra cotta, né i mobili dipinti dello Schleswig-Holstein, né le cuffie bretoni o le ingenue sculture contadine in legno della Scandinavia, ma piuttosto la cattedrale di Reims, la scala italiana a duplice rotazione del castello di Chambord, i disegni di Leonardo da Vinci, i fumetti di Liberatore e della scuola di Bruxelles, il design delle Ferrari o i reattori germano-franco-svedesi di Ariane.
Si doveva invece affermare, in una logica anti-egualitaria nietzschiana e di "buon senso" cartesiano la superiorità - si, proprio la superiorità - delle forme artistico-culturali europee su tutte le altre.
Avendo creduto troppo al relativismo etnoculturale, intrisi dal diffuso masochismo colpevolizzante, non osavamo affermare la superiorità della nostra civiltà. Se lo avessimo fatto con accortezza avremmo attirato un grande pubblico sorpreso di tanta audacia.
Troppi scritti dedicati alle "tradizioni" europee, spesso legati a manifestazioni folkloriche scomparse o mitiche, hanno fatto dimenticare l'oggetto principale del dibattito: l'auto-affermazione della cultura europea contemporanea e in prospettiva le minacce geo-demografiche che la insidiano e la necessità di una reconquista. Il folklorismo, agendo come un meccanismo egualitario, ha collocato la cultura europea allo stesso livello delle altre, mentre si doveva affermare - implicitamente e con abilità - il suo primato creativo.
D'altra parte questo tradizionalismo, spesso folklorizzante, serve lo spirito di conquista dei "prodotti culturali" americani: museifica, neutralizza la cultura europea. Il folklorismo non ha funzionato come cemento identitario per una battagliera cultura contemporanea, ma ha provocato un effetto disarmante.
In molti campi l'odierna cultura europea resiste con creatività: nella musica, in architettura, nel design e nelle tecnologie di punta, nelle arti plastiche La Nouvelle droite non vi ha prestato la dovuta attenzione. La Nouvelle droite, oggi più di ieri, è troppo attenta a quello che potremmo chiamare il culturalismo e lo storicismo.
Mentre alla fine degli anni settanta la sua mediatizzazione e la sua influenza si erano affermate grazie alle incursioni ideologiche e ai nuovi dibattiti aperti sull'eugenismo, la rivoluzione biologica, la diseguaglianza dei Q. Secondo me la Nouvelle droite e le sue pubblicazioni tendono troppo alla commemorazione, alla cultura letteraria, all'intellettualismo; passatista e nostalgico.
Non vorrei essere frainteso: critico la Nouvelle droite non tanto per quello che fa, ma per quello che non fa o non fa più, o meglio, per essere obiettivi, non fa abbastanza. Bisogna parlare della crisi finanziaria asiatica, della rivoluzione delle biotecnologie, lanciare forum e dibattiti che affrontino temi come il federalismo europeo pro o contro gli Stati Uniti d'Europa?
La Nouvelle droite ritornerà ad essere creativa e credibile se affermerà delle dottrine disorientanti su tutte le grandi questioni di attualità, se forgerà un corpus ideologico rinnovato presentato sotto la forma di "dibattito" e non di dogma - nelle materie economiche, scientifiche, geopolitiche e sociologiche. Vi ho contribuito in pieno e faccio autocritica.
Il saggio di Alain de Benoist, Europe-Tiers-monde, même combat, testo fondamentale sull'argomento e gli articoli che ho scritto su questo tema negli anni ottanta, motivati da un anti-americanismo mal posizionato, sono state impasse ideologiche e strategiche che da allora mi hanno tormentato. Nella Storia nessun popolo conduce una "stessa battaglia" con altri popoli, ogni alleanza è provvisoria.
Peraltro lo stesso concetto di "terzo mondo" si è sfaldato. Ci sono la Cina, l'India, il pre-impero musulmano, ecc. Il "terzo mondo" non esiste. Inoltre questo terzomondismo che nella nostra area assolveva la funzione di un goffo certificato di antirazzismo ignora la storia concreta: la pressione migratoria e geopolitica del Sud contro il Nord. Questo terzomondismo fuori luogo si è accompagnato, circostanza aggravante, ad un filo-islamismo sconcertante e ingenuo cui abbiamo noi tutti ceduto, proprio mentre si profilava una minaccia oggettiva, offensiva - revanscista e comprensibile - del mondo arabo-musulmano contro l'Europa, vista come "terra di conquista".
È proprio vero che i dogmi accecano, in questo caso sono anche pericolosi: è chiaro che in maggioranza il pubblico della Nouvelle droite, e non solo esso, era sconcertato da queste posizioni. Ma nel , grazie al buon Giorgio Locchi, cambiammo spalla al nostro fucile, quando apparve un numero eccezionale di Nouvelle Ecole, realizzato da Alain de Benoist e Locchi, che spezzava l'unità di civiltà tra gli Stati Uniti e l'Europa matriciale.
Occidente vuole dire "Ovest", astratto concetto geografico, mentre la vera rottura è quella Nord-Sud, perché lo spazio vitale geopolitico europeo si estende fino all'Estremo Oriente russo. Infatti, come vedremo più, avanti, gli Stati Uniti andrebbero definiti come competitori e avversari "inimicus" piuttosto che come nemici "hostis". Significava la condanna dei flussi migratori verso l'Europa e il rifiuto di un pastone etnoculturale planetario in realtà solo l'Europa è la meta di queste migrazioni.
Fin qui nulla da ridire: è coerente. Ma la Nouvelle droite - vedi al riguardo l'istruttivo n. Ammettendo l'esistenza di comunità etniche separate in terra europea, essa trasforma 1'etnopluralismo nel vettore di una visione tribale e ghettizzata della nostra società - perfettamente americanomorfa - in contrasto con il significato stesso del concetto "ogni popolo nella sua terra".
L'etnopluralismo è stato quindi stravolto a vantaggio di una negazione del concetto di popolo europeo e di "popolo" toutcort. Anche in questo caso il pubblico non si ritrova più, queste posizioni disorientano i nostri lettori naturali, senza riuscire a convincere l'avversario che siamo politicamente corretti.
In primo luogo viene minimizzata, per angelismo o per ignoranza delle vicende etniche e socio-economiche, la catastrofe costituita dall'immigrazione di popolamento in Europa, terra che, diversamente dagli Stati Uniti, era abituata solo ai flussi intra-europei. La catastrofe ha tre aspetti: rapida alterazione etno-antropologica; destrutturazione delle radici culturali europee l'americanismo ha minori responsabilità ; potente freno economico-sociale, fonte di pauperismo e criminalità endemica.
Questa è una posizione smobilitante, incompatibile con un pensiero che si vuole rivoluzionario, e in fondo si rivela "politicamente corretta". Le giustificazioni del multiculturalismo con la globalizzazione del pianeta e il declino dello Stato-nazione - fatti evidenti - sono manifestazioni di debolezza. Solo l'Europa e gli Stati Uniti sono vittime di una colonizzazione di popolamento proveniente dal Sud, ma gli Stati Uniti possono sopportarla, l'Europa no.
Dovunque nel mondo cresce 1'autoaffermazione di grandi blocchi etnici omogenei, non certo il "comunitarismo" multirazziale. La visione proiettiva di un pianeta "multiculturale" e un sogno da Disneyland, un errore irenico.
Il futuro appartiene ai popoli, non alle tribù. Il XXI secolo vedrà uno scontro etnico globale e le legioni immigrate in Europa potranno diventare le "quinte colonne" di un Sud aggressivo.
Non si tratta di paranoia, ma di geopolitica. Seguire le orme, anche trascinando i piedi, dell'accecamento e del pacifismo immigrofilo degli intellettuali di sinistra europei è un gravissimo equivoco che rischia, tra breve, di portare alla-rovina la Nouvelle droite.
La guerra etnica in Francia è già iniziata. L'imbarbarimento della società, l'aggressività rancorosa e latente di una grossa fetta di giovani provenienti dall'immigrazione verso la cultura europea costituiscono una minaccia a medio termine, attestata dall'occhio imparziale di molti sociologi americani.
Perché non ammetterlo? D'altra parte la Nouvelle droite costruisce un modello di armonia sociale in seno a una società multiculturale pacificata, il che è utopico. Ogni società multirazziale - e multiculturale - e multirazzista e "infra-xenofoba", dal Brasile alla ex-Jugoslavia, passando per l'Algeria, l'Africa nera, il Caucaso.
Il pluri-etnismo in Francia sarà esplosivo e non avrà nulla a che vedere con il pacioso tribalismo delineato dai miei amici Alain de Benoist e Charles Champetier vedi il n. Nessun tribalismo è pacifico. Sono pronto ad accettare la sfida che entro dieci anni la Storia avrà, per esperienza dolorosa, reso inoperante ogni tesi multiculturalista anche a sinistra. L'auspicio di Alain de Benoist: «facilitare una comunicazione dialogica e dunque feconda tra gruppi chiaramente collocati, gli uni in rapporto agli altri» Eléments, cit.
In realtà credo che sbaglino sia gli assimilatori - giacobini e fautori del melting-pot riuscito - che i comunitaristi. Una società di coesistenza etno-territoriale fu, è e sarà impossibile. La natura umana lo esige: una terra, un popolo. Essi tuttavia sono europeisti convinti, perché allora credono o fingono di credere che potrà nascere in Francia una società armoniosa grazie alla coabitazione "multiculturale" con comunità di origine asiatica, africana e arabomusulmana, estremamente lontane dalle strutture mentali europee?
Se fossero coerenti fino in fondo difenderebbero la visione repubblicana dura e astratta dell'integrazione forzata, cara a Madame Badinter. Si intestardiscono a proporre un paradigma fisicamente impossibile da realizzare, abbandonandosi alla credenza nei miracoli delle ideologie egualitarie. Gli amici della Nouvelle droite hanno la visione di un Islam immaginario, pensando che sia integrabile in un modello di armonia laica europea e di generale tolleranza, non tengono conto che questa religione iper-monoteista è per essenza conquistatrice, teocratica, antidemocratica e si propone in Francia, come aveva previsto il generale De Gaulle, di sostituire ogni chiesa con una moschea.
L'Islam è per natura intollerante, unicista, anti-organico. Gli attuali pensatori della Nouvelle droite si lasciano sedurre dai discorsi insensati su un "Islam alla francese", e non si accorgono che devono misurarsi con la strategia della volpe ben descritta dal Machiavelli, pur essendo adepti di Carl Schmitt non traducono nella pratica, né il concetto di "caso d'eccezione" Ernstfall , né quello di nemico oggettivo, colui che ti individua come nemico in quanto esisti, qualunque cosa tu faccia.
Il multiculturalismo e il filo-islamismo della Nouvelle droite sono oggettivamente vicini alle posizioni incaute dell'episcopato cattolico francese che crede, anch'esso, per angelismo, in una futura armoniosa società etno-pluralista in terra europea. Ma ancora più strano è come la Nouvelle droite non sembra accorgersi che un "pagano" agli occhi dell'Islam è un nemico assoluto, il demonio, diversamente da un ebreo o da un cristiano che vengono tollerati pur considerandoli a un livello inferiore.
Quando recentemente mi sono recato in Arabia Saudita, per poter scendere dall'aereo ho dovuto scrivere "cattolico" sulla scheda segnaletica distribuita a bordo: se avessi scritto "pagano" o seguace di un'altra religione non monoteista, avrei avuto dei problemi. Prevedere un'intesa tra il paganesimo e l'Islam equivale a credere all'unione tra il diavolo e l'acquasanta.
Questi interrogativi cruciali non vengono posti: eppure la gente aspetta. C'è un altro problema: mentre la Francia assiste ogni anno all'esodo verso gli Stati Uniti di decine di migliaia di giovani laureati, accoglie - cosa avendone in cambio? Perché non parlarne? Si tratta certamente di un tabù. Rimprovero alla Nouvelle droite di aderire a una visione del mondo minata da un concetto devastatore: il "realismo", ma il realismo spesso è un fatalismo scoraggiato.
Io sono nietzscheano e non amo il termine "realistico". La Storia non è realistica. Il comunismo è crollato nel giro di tre anni. Chi mai realisticamente avrebbe potuto prevederlo? Nel n. La reconquista fu un'impresa irrealistica ma molto concreta ed ebbe successo. La missione della Nouvelle droite avrebbe dovuto essere quella di prevedere questo cammino, di tracciarlo.
Bisogna che corregga i suoi errori, alleandosi in Europa con altri gruppi che condividono queste analisi. La linea ideologica più efficace sarebbe quella di rifiutare ad un tempo la società multiculturale e multirazziale e il nazionalismo repubblicano giacobino francese che la incoraggia. Per la Francia e l'Europa multiculturali in realtà multirazziali aperte a comunità afro-asiatiche e musulmane sempre più numerose, no.
Una volta avevo iniziato a proporre alla Nouvelle droite tale dottrina, centrata sui concetti di "economia organica" e di "autarchia dei grandi spazi" e su una concezione "politica", non più economica e fiscaie, dell'autorità pubblica. Questa dottrina auspicava per i grandi blocchi mondiali, tra cui l'Europa e poi 1'Eurosiberia, la nozione di autosufficienza nel quadro di una economia di libero scambio interno.
Si doveva e si deve proseguire questo genere di riflessione attualmente compatibile con la costruzione europea. Perché una corrente di pensiero, come aveva afferrato Henning Eichberg - durante una conversazione che ebbi con lui a Nizza nel ! Lo spiritualismo è necessario per dare un'anima, ma è insufficiente. Bisogna misurarsi con l'eterno materialismo degli uomini.
Penso, come Marx, che la cucina economica fa parte dell'infrastruttura delle preoccupazioni umane. Per ricostituire un corpus ideologico efficace è indispensabile avere una dottrina economica alternativa. Questo significa ritornare ai problemi concreti, alle questioni sociali che toccano la vita delle persone: urbanesimo, trasporti, fiscalità, ecologia, politica energetica, sanità, natalità, immigrazione, criminalità, tecnologia, televisione ecc. Per riacquistare credito con una certa facilità la Nouvelle droite dovrebbe aprire dei dibattiti.
Il numero di Elements sul multiculturalismo - problema centrale - avrebbe avuto maggior peso se fosse stato aperto a opinioni contrastanti. Le riviste e le manifestazioni della Nouvelle droite se vogliono riprendere forza dovrebbero porre i problemi centrali e scorretti, suscitando un dibattito a più voci. A mio parere la Nouvelle droite ha visto ridursi la sua influenza con la costruzione di assi ideologici ambigui e difficilmente comprensibili.
Troppo para-accademici, troppo sofisticati, troppo sedotti dalle problematiche semi-gosciste, irenistiche, utopiche, armoniciste. Bisogna, senza esitazioni, rompere con il sistema ed elaborare tranquillamente un pensiero radicale e rivoluzionario. Diffidare delle false saggezze e dei falsi amici, dei falsi riconoscimenti, dei falsi successi e soprattutto delle false buone idee.
Le idee sbagliate hanno la seducente eleganza della decadenza, non certo "la modesta e semplice asprezza della verità" Nietzsche. La Nouvelle droite - la esorto con grande amicizia - deve attingere nuove energie nella "filosofia del martello" di Nietzsche. Essa o coloro che le succederanno nella tavolozza. La Nouvelle droite non è stata "vittima del sistema" o della "censura", ma di se stessa. Nulla è perduto per chi sa risorgere.
Perché oggi, come presentiva l'amico Giorgio Locchi, stiamo entrando nella età oscura delle tempeste, nell'interregnum, in un secolo di ferro e di fuoco, decisivo per il futuro dei popoli europei e della loro discendenza: l'epoca esige un pensiero tragico e combattivo.
Bisogna riformulare all'interno di organizzazioni efficienti e dinamiche idee-forza, innovatrici, audaci, adeguate, come tante armi, alle minacce che si profilano. La nostra corrente di pensiero europeo deve federarsi e adottare un ottimismo del pessimismo: offrire una volontà, un asse, a questa grande patria che si va edificando nelle brume e nel dolore.
Come spinto dalla certezza di un sonnambulo, semi-cosciente delle minacce che lo insidiano, in un freddo tumulto, sorge un impero che non osa ancora pronunciare il proprio nome. Questa realtà tempestosa epocale che nasce nelle doglie del parto: la Grande Europa.
La nostra sola possibilità di sopravvivenza. Ma ecco alcune indicazioni: 1 - In primo luogo quello che definirei il costruttivismo vitalista, un quadro di pensiero globale che unisce la concezione organica e audace della vita con le visioni del mondo complementari della volontà di potenza nietzscheana, dell'ordine romano e della realistica saggezza ellenica.
Leitmotiv: "un pensiero volontarista concreto, creatore d'ordine". Pensare, per le società del futuro, i progressi della tecno-scienza e, insieme, il ritorno alle soluzioni tradizionali che risalgono alla notte dei tempi. Unire secondo la logica dell'e, e non secondo quella dell'o, la memoria più antica con l'anima faustiana, perché si accordano.
Il tradizionalismo intelligente è il più forte dei futurismi e viceversa. Riconciliare Evola e Marinetti.
Bisogna svuotare il concetto di "modernità" nato dall'ideologia dei Lumi. Non si devono associare gli Antichi con i Moderni, ma gli Antichi con i Futuristi. D'altronde oggi, come ha rilevato la Nouvelle droite, mentre le forme politiche e sociali della modernità si stanno sgretolando, quelle arcaiche riemergono in ogni campo, un aspetto non secondario di questo fenomeno e proprio la diffusione dell'Islam.
Infine i futuri sconvolgimenti della tecnoscienza, soprattutto nella genetica, come il tragico ritorno alla realtà che si prepara per il XXI secolo esigeranno il ritorno a una mentalità arcaica.
È il modernismo che si rivela sempre più come passatismo. Ma attenzione non si tratta di cedere al "tradizionalismo" classico, venato di folklore, che sogna un ritorno al passato.
La modernità è diventata obsoleta. Il futuro deve essere "arcaico", cioè né moderno, né passatista. Le grandi rivoluzioni non si fanno in modo lineare e trionfalistico, come vorrebbero gli intellettuali dogmatici e romantici. La dolorosa gestazione dell'unificazione dei popoli europei sulla loro terra comune, da Brest all'Oder in un primo tempo e poi da Brest a Bering, è un movimento di fondo il cui motore sotterraneo e imperiale.
È il contraccolpo della decolonizzazione, della crisi demografica e dell'immigrazione, forse la soluzione a molti problemi attuali apparentemente irrisolvibili. Bisogna fin da ora guardare all'Eurosiberia. Certo siamo ancora lontani. Ma il ruolo dei "pensatori" è quello di prevedere il futuro. Sempre, quando sono con le spalle al muro, le società umane reagiscono.
Una serie di macro-linee catastrofi che convergono verso un punto di rottura collocato all'inizio del XXI secolo: apocalisse ecologica, economica e militare, originata dalla "fiducia nei miracoli", tra cui quello di una possibile continuazione dello "sviluppo" senza il rischio di un crollo generale.
La civiltà egualitaria nata dalla modernità vede i suoi ultimi bei giorni. Bisogna pensare il dopo-catastrofe. Costruire fin da ora una visione del mondo archeofuturista per il dopo-caos. In questa prospettiva bisogna smetterla di presentare sempre i paesi del Sud e soprattutto l'Africa, come le "vittime" eterne dei malvagi disegni dei paesi del Nord. Farla finita con il mito martirologico neocolonialista. Ogni popolo è attore del suo destino.
Bisogna avere il coraggio di responsabilizzare - e non vittimizzare - i paesi poveri: le sciagure dell'Africa hanno come causa principale gli africani stessi: non possiamo ogni volta batterci il petto e sostituirci a loro.
La Nouvelle droite deve rompere con questo masochismo paternalista post-coloniale di tutta 1'intelligencija europea, sia di destra che di sinistra. Sono più pericolosi del Sud? Credo che ormai siamo più vicini ai Russi - ex-nemici assoluti - che agli Americani - ex amici assoluti - ma, pensando noi stessi già come Eurosiberiani, dobbiamo prevedere con l'America una logica di patto e di conflitto-cooperazione contro una minaccia principale che giunge da altre parti.
Bisogna rompere con il mito degli "Stati Uniti superpotenza invincibile", essi sono forti perché l'Europa è debole. Non ci impongono nulla con la forza, contrariamente a quanto faceva l'ex-URSS nei confronti dei paesi dell'Europa centrale. La repubblica imperiale americana ha ragione, dal suo punto di vista, di praticare un imperialismo morbido.
Noi dobbiamo responsabilizzarci e ritrovare il gusto della potenza. I deboli sono rancorosi, i forti imperiosi. Ogni popolo è artefice di se stesso e si merita quello che gli capita. Dobbiamo riprendere in mano il nostro destino, saper discernere il nemico mortale, dall'avversario concorrente e, in ogni caso, proporre una politica di auto-affermazione.
Problema: l'informatica e l'ingegneria genetica non stanno forse per far deflagrare i quadri dell'ideologia egualitaria egemonica, scavando un abisso tra il reale e l'auspicabile, la natura e l'iper-natura? Sono interrogativi cruciali che toccano la biologia e l'informatica. Bisogna riprendere la riflessione abbandonata sulla biologia, perché le tecniche transgeniche consentono già oggi di intervenire nei processi di trasmissione genetica, fino a ieri fenomeni naturali.
Siamo ormai in grado di produrre animali da allevamento, senza gravidanza, in incubatrici, tra breve riusciremo a farlo sull'uomo e potremo programmare, associando sistemi informatici esperti e tecniche transgeniche, i patrimoni genetici e quindi le capacità di questi "umani di seconda generazione". Coloro che sprezzantemente affermano "solo sono delle macchine" commettono un grave errore.
Questi nuovi colpi di maglio contro l'antropocentrismo, portati dall'uomo stesso, ci ricordano che la tecno-scienza non è altro che faustismo in azione. Pericolo mortale per l'uomo, "animale malato" e insuccesso dell'evoluzione? Ecco le questioni filosofiche che movimenti di pensiero degni di questo nome devono affrontare.
Gli autoctoni europei sono storicamente e oggettivamente in una situazione non simile, ma molto vicina a quella degli Indiani d'America e dei popoli nord-africani durante il XIX secolo, quando arrivarono i coloni europei che abbandonavano un continente sovrappopolato. Questa colonizzazione dell'Europa è la rivincita, dopo tre generazioni, contro quella compiuta dagli europei in quegli stessi paesi.
Nell'organizzare la risposta bisogna spostare la problematica. Non è soltanto, come fingono di credere coloro che discutono questo argomento, un problema culturale e socioeconomico, ma antropo-etnico globale. Si dovrà individuare chiaramente questa dislocazione metodologica nella risposta pro o contro al vero problema: dobbiamo accettare o respingere una sostanziale alterazione del sostrato etnoculturale europeo? La base dell'onestà intellettuale e la chiave del successo ideologico sta nella capacità di porre con coraggio i veri problemi, non cercare di eluderli.
È possibile immaginare e prevedere che la maggior parte dell'umanità ritorni a vivere in società tradizionali, consumatrici di poca energia, socialmente più stabili e più felici, mentre nel quadro della globalizzazione planetaria una minoranza potrebbe continuare a vivere secondo il modello tecno-industriale?
In futuro ci potrebbero essere due mondi paralleli, quello di un nuovo Medioevo e quello dell'Iperscienza? Chi e quanti vivrebbero nei due mondi? Ogni pensiero audace e fecondo deve pensare l'impensabile. Sono convinto che 1'archeo-futurismo, associazione esplosiva degli opposti, è la chiave del futuro, molto semplicemente perché il paradigma della modernità non è più vitale su scala planetaria. Riflettere sull'attuale trasformazione delle economie in reti neo-feudali, ridefinire radicalmente il ruolo dell'istanza politica superiore che deve dirigere politicamente l'economia, ma non amministrarla.
Prefigurare grandi blocchi semi-autarchici che non abbiano necessariamente lo stesso tipo di produzione e di consumo, al cui all'interno convivano tipi di società e di economie in rapporto tra loro ma eterogenee.
Zone ipertecnologiche, collegate alla rete globale e planetaria di comunicazione potrebbero essere confinanti con zone neo-arcaiche dove sarebbero restaurati i modi di vita e di produzione delle società tradizionali. Un corrente di pensiero e forte se pone questioni essenziali e inattese, se anticipa. Soprattutto se il suo linguaggio non è dogmatico. Affinché in questa epoca di sfide grandiose, in cui sono in gioco poste vitali e si profilano catastrofi, risorga un pensiero della.
L'ideologia verrà più tardi. Infine sarebbe necessario riequilibrare il discorso critico su questo tempo di interregno con un discorso anticipatore e affermativo, ottimista all'interno stesso del pessimismo, valido per il dopo-caos. La chiave di volta della nostra corrente di pensiero è un accordo, di natura storica, sul concetto di Europa. Tutti noi - ciascuno secondo i suoi sogni, le sue analisi, il suo temperamento - vogliamo superare i nazionalismi ottusi dell'egualitarismo illuminista, e contribuire alla costruzione di questo insieme macrocontinentale di popoli-fratelli, preparandone l'idea per i tempi del dopo-catastrofe.
Senza per questo e in conformità alla logica imperiale organica e democratica, omogeneizzarci, distruggendo le eredità storiche delle nostre diverse lingue, delle nostre molteplici sensibilità etnoculturali che formano il tesoro dell'Europa, unico al mondo.
Ecco cosa scrive Pierre Vial, che pure è un dirigente del FN, partito nazionalista francese, fondatore dell'associazione culturale Terre et Peuple. Ciascuna di queste eredità ci è cara, perché è il volto di una sola e stessa civiltà. Tutti coloro che combattono per l'eternità di questa civiltà sono nostri fratelli darmi».
Bisogna ridiventare i soldati dell'Idea e federare su scala europea, in modo elastico, ma articolato, tutte le correnti di pensiero, i periodici, i libri, le associazioni che seguono lo stesso cammino. Ma sono anche rimasto colpito dalla dispersione, dai contrasti personali, dagli accesi spiriti di parrocchia. Un tale movimento sinergico che attraversa le correnti e le tendenze, convergente sulle idee assiali che prima ho delineato, potrà incidere col suo stiletto sulle tavole della Storia soltanto se e mosso da un idealismo provocatore e non da un neutro intellettualismo.
Possano i miei amici della Nouvelle droite utilizzare con il loro talento questi pochi consigli per ritrovare le strade della Storia. Magari cominciando col cambiare il loro nome In memoriam 1 - Il metodo: Il "pensiero radicale" Soltanto il pensiero radicale è fecondo, perché è l'unico in grado di creare concetti audaci che spezzano l'ordine ideologico egemonico e consentono di svincolarsi dal circolo vizioso di un sistema di civiltà che fallisce. Per riprendere la formula del matematico René Thom, autore della Teoria delle catastrofi, soltanto i "concetti radicali" possono far precipitare un sistema nel caos - la "catastrofe" o cambiamento traumatico di stato - per dar vita a un altro ordine.
Il pensiero radicale non è "estremista", né utopico, perché non avrebbe alcuna presa sulla realtà, ma deve anticipare il futuro rompendo con un presente irrimediabilmente corroso. È un pensiero rivoluzionario? Oggi deve esserlo, perché la nostra civiltà è alla fine di un ciclo, non all'inizio di un nuovo sviluppo, e perché nessuna scuola di pensiero osa essere rivoluzionaria dopo il crollo finale del tentativo comunista.
Soltanto delineando nuovi concetti di civiltà si potrà essere portatori di storicità e di autenticità. Perché un pensiero "radicale"? Perché esso va alla radice delle cose, cioè "fino all'osso", rimette in discussione la concezione-del-mondo che sta alla base di questa civiltà, l'egualitarismo, principio utopico e ostinato che per le sue contraddizioni interne sta precipitando l'umanità nella barbarie e nell'orrore economico-ambientale.
Per agire sulla Storia bisogna scatenare delle tempeste ideologiche, aggredendo, come aveva ben visto Nietzsche, i valori, fondamento e ossatura dei sistemi. Oggi nessuno lo fa più, assistiamo quindi per la prima volta al fenomeno per cui la sfera economica TV, media, video, cinema, industria dello spettacolo e dello svago ha il monopolio della riproduzione dei valori. Solo un pensiero radicale potrebbe oggi consentire a minoranze intellettuali di creare un movimento, dare uno scossone al mammut, smuovere con elettroshock o ideeshock la società e l'ordine del mondo.
Ma questo pensiero deve essere necessariamente non dogmatico e coltivare invece il riposizionamento permanente "la rivoluzione nella rivoluzione" la sola giusta intuizione maoista , preservando la sua radicalità dalla tentazione nevrotica delle idee fisse, dei fantasmi onirici, delle utopie ipnotiche, delle nostalgie estremiste o delle ossessioni deliranti, rischi presenti in ogni prospettiva ideologica.
Per agire sul mondo un pensiero radicale deve articolare un corpus ideologico coerente e pragmatico, con distacco e flessibilità adattiva. Un pensiero radicale è prima di tutto un'interrogazione, non certo una dottrina. Aborre i compromessi, le false saggezze "prudenti", la dittatura degli "esperti" ignoranti e il paradossale conservatorismo degli adoratori della "modernità" che credono sia eterna.
Ultima caratteristica di un pensiero radicale efficace: accettare l'eterotelia, il fatto cioè che non necessariamente le idee producono i risultati attesi. Un pensiero efficace riconosce il suo carattere approssimativo.